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Tour delle Ande – Cile Bolivia Perù

Dopo il nostro ultimo viaggio in Brasile eravamo desiderosi di continuare la nostra scoperta del Sud America, magari realizzando uno dei nostri sogni più grandi: il Tour delle Ande fra Cile, Bolivia e Perù, tutto in alta quota, seguendo i rilievi andini tra paesaggi lunari, deserti e lagune, foreste e vallate inaccessibili, storia e meraviglie create dall’uomo.

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All’inizio eravamo dubbiosi di riuscire a racchiudere in un unico viaggio tutte queste emozioni e ci siamo posti il problema se non avremmo fatto meglio a spezzarlo dedicando il giusto tempo a un viaggio in Perù, un viaggio in Cile e un viaggio in Bolivia.

Il periodo migliore per fare il Tour delle Ande

Alla fine, considerato che a quelle longitudini è inverno, ossia il periodo secco e quindi migliore, abbiamo deciso di metterci  tutto il nostro impegno e realizzare il Tour delle Ande così come lo immaginavamo. Ognuno di questi 3 paesi infatti racchiude il suo meglio in una zona piuttosto circoscritta. E questo vale anche per il Cile, in quanto, se si vuole fare un viaggio in Patagonia, al sud, il miglior periodo è senza dubbio l’estate (il nostro inverno).

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Il loro inverno, invece, è appunto il periodo secco, dove il rischio di precipitazioni è davvero basso se non nullo e il cielo è più terso che mai. L’unico vero problema è che le temperature soprattutto la notte sono molto basse (anche al di sotto dello zero), mentre di giorno sono più accettabili, fino a superare i 20 gradi appena esce il sole.

Come combattere l’altitudine

La maggior parte del viaggio si svolge ad altitudini notevoli: la punta massima è stata di 5050 mt ma gran parte dei posti fantastici che abbiamo visitato erano comunque intorno o superiori ai 3000 mt. Proprio per questo la principale controindicazione di questo viaggio attraverso le Ande è il mal d’altura un malessere che può colpire chiunque e senza preavviso, ma che può essere limitato grazie alle foglie di coca (si, avete capito bene!) da masticare o bere sotto forma di “mate” (infuso), alle bombole d’ossigeno che si trovano negli alberghi e addirittura nei taxi e a medicine specifiche che si trovano in qualsiasi farmacia (Sorojchi).

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Insomma, dopo che ci siamo informati su tutti dettagli eravamo più confusi e preoccupati di prima!!!

E non ci sbagliavamo perché alla fine abbiamo decretato che questo viaggio attraverso le Ande è stato sicuramente il viaggio più sporco, polveroso, faticoso e fisicamente impegnativo che abbiamo mai affrontato. Ma è stato straordinario e unico!

Le tappe del nostro Tour delle Ande

Il nostro Tour delle Ande è iniziato dal Cile e precisamente da Santiago per finire in Perù a Lima.

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La scelta era voluta, in quanto uno dei principali problemi di questo viaggio, il “mal d’altura”, può essere limitato grazie a una ascesa graduale. Solitamente ciò avviene spostandosi con mezzi terrestri e abituandosi così all’altitudine giorno dopo giorno. Questo va benissimo se si hanno a disposizione diverse settimane o addirittura mesi. Ma per noi “umani” che dobbiamo conciliare l’amore per la scoperta del mondo con il lavoro, la famiglia e il contenimento del budget, il problema andava risolto in qualche altro modo.

Ecco quindi che partendo da Santiago abbiamo potuto – pur spostandoci quasi sempre in aereo – salire gradualmente tappa dopo tappa.

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Santiago del Cile (600 metri s.l.m)

San Pedro de Atacama (2.408 metri s.l.m)

Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa (4200-5400 metri s.l.m.)

Salar de Uyuni (3650 metri s.l.m)

La Paz (3600-4000 metri s.l.m)

Cusco (3400 metri s.l.m.)

Machu Picchu (2500 metri s.l.m.)

Lima (a livello dell’Oceano Pacifico)

Cile

Raggiungere Santiago del Cile, la nostra prima tappa, ha richiesto 15 ore e mezzo di volo diretto da Roma, una delle più lunghe tratte non stop sul pianeta.

Santiago del Cile

Santiago è una città immensa (ci abitano quasi 7 milioni di abitanti, circa 1/3 della popolazione cilena), ma nonostante questo è decisamente tranquilla, bruttina dal punto di vista architettonico e con ben poco da vedere. Ciò non toglie che ce la siamo girata e goduta perché nasconde comunque qualche luogo piacevole.

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Ciò che rende la capitale cilena una meta immancabile non è quindi tanto la bellezza metropolitana quanto la sua posizione geografica, con l’altissima cordigliera delle Ande che contorna la metropoli e le cui vette altissime – spesso innevate – offrono, all’alba e al tramonto, uno spettacolo davvero maestoso. Premesso che si sia fortunati, visto che può capitare di trovarle avvolte nelle nuvole.

Arrivati a Santiago di mattina presto, in poco meno di mezz’ora lungo l’autopista Norte, siamo giunti dall’aeroporto al centro città. Allo scalo cileno bisogna stare attenti ai taxi, anche quelli ufficiali spesso non si comportano proprio onestamente, come d’altronde in quasi tutti il mondo. Non c’è un treno o una metro, però ci sono diversi bus shuttle che portano in centro.

Barrio Lastarria

Dopo un’attenta ricerca abbiamo deciso di prenotare un hotel al Barrio Lastarria, il quartiere più chic ed elegante del centro (naturalmente secondo i parametri locali), a pochi passi da tutto ciò che c’è da vedere.

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L’Hotel Cumbres Lastarria è un boutique hotel, con un bel rooftop (la piscina c’era ma essendo inverno non era un plus) e stanze comodissime, che non ha deluso le aspettative.

Alloggiare a Barrio Lastarria, centro della vita culturale e gourmet cittadina, significa poter raggiungere a piedi praticamente tutte le attrazioni di Santiago, oltre ad avere un’ampia scelta di ristoranti e locali che la sera animano i vicoli del quartiere. La Calle José Victorino Lastarria, la via principale, è quella più piacevole dell’intera città, catalizzatore di giovani e della vita serale.

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Qua per mangiare avevamo l’imbarazzo della scelta. Ci siamo trovati benissimo da Sur Patagonico, ristorante storico e davvero caratteristico dove mangiare la Parillada (patagonica e Argentina), il misto di carne per due, e bere ottimi vini.

A poca distanza c’è anche CHPE Libre – Repubblica indipendentemente del Pisco, un locale molto alla moda, dedicato oltre che alla miglior tradizione culinaria anche al famoso liquore Pisco. E siccome esiste una diatriba tra Cile e Perù sulla paternità del Pisco, questo locale è riuscito in modo spiritoso ad appacificare tutti creando una immaginaria repubblica del Pisco!

Centro

Il cuore storico di Santiago è Plaza de Armas, dove si trovano anche la Cattedrale, la Borsa e nei dintorni altri edifici storici come il Museo di Santiago, il Museo di Arte Precolombiana e così via. In Sud America bisogna tenere a mente che ogni piazza centrale di ogni città si chiama Plaza de Armas, tanto per non confondere i forestieri!

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Una visita va fatta, nelle vicinanze, anche al Mercado Central dove si può anche mangiare a pranzo dell’ottimo pesce.

Barrio Bellavista

Bellavista è il quartiere bohémien. Si trova dall’altra parte del fiume rispetto a Lastarria. È la zona più allegra, animata, colorata e vivace della città, forse anche per via dell’università che riempie le sue strade di ragazzi fino a tarda notte.

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Piccole casette dipinte con murales di tutti i tipi, locali, bar e discoteche sono l’anima di Bario Bellavista, tanto che la sera si trasforma in un luogo chiassoso e divertente.

Il cuore del quartiere è il Patio Bellavista, un enorme cortile con locali di tutti i tipi, animatissimo e pieno di ristoranti dove mangiare e ascoltare musica dal vivo. Noi abbiamo provato Backstage Life a pranzo, ma erano tutti molto carini.

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A Bellavista si trova anche La Chascona, la casa di Pablo Neruda, oggi museo dedicato al grande poeta cileno.

San Cristobal

Da Bellavista, verso la fine del corso principale, si prende anche la funicolare che porta in cima al Cerro San Cristobal, la collina verde che sovrasta la città e che è uno dei più grandi parchi urbani del mondo.

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Nonostante le file per la funicolare che nei weekend richiedono più di 1 ora di attesa, salire in cima a San Cristobal è forse l’attrazione più suggestiva di Santiago. La veduta è mozzafiato, nuvole permettendo, e da lassù si può prendere o la teleferica o incamminarsi per raggiungere l’altro punto panoramico che affaccia sul Costanera Center.

Il Costanera Center è il moderno distretto dove svetta la Gran Torre Santiago che, con i suoi 300 metri di altezza è il grattacielo più alto dell’America Latina e il secondo nell’emisfero sud.

Bellissima la vista da San Cristobal dal primo pomeriggio fino al tramonto, con la Torre che svetta verso il cielo contrastando con i picchi montuosi delle Ande.

Enogastronima

Santiago offre anche un’ottima esperienza culinaria ma soprattutto enologica. Nelle vicinanze, infatti, dai piedi delle Ande fino alla costa del Pacifico, si trovano alcune delle aree vinicole più importanti del Sudamerica che non hanno nulla da invidiare alla tradizione californiana, australiana o neozelandese. Vini eccellenti, cantine importanti e una grande passione contraddistinguono la produzione vinicola cilena tanto che il paese è oggi il quarto esportatore di vino al mondo.

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Le aziende vinicole più vicine a Santiago si trovano alla Valle del Maipo. Noi abbiamo visitato Santa Rita, importante cantina con una lunga storia. Per andarci ci si può organizzare autonomamente magari noleggiando un’auto oppure affidarsi ai vari tour – half o full day – con pick-up direttamente dall’hotel.

Visita alla cantina più degustazione per quelli basic, per poi sbizzarrirsi con giri in bici tra le vigne, pranzo con formaggi e vino e altro. Insomma, non si può venire in Cile, e a Santiago, senza fare un giro per le aziende vinicole e senza assaggiare l’icona dei vini cileni, il Carmenere. Ottimo vitigno importato dalla Francia nell’800 prima di estinguersi in tutto il resto del mondo e diventare l’orgoglio nazionale cileno.

Deserto dell’Atacama

La seconda tappa del nostro viaggio in Cile è cominciata a Calama, città all’estremo nord del paese, sconosciuta ai più tranne per chi deve raggiungere San Pedro de Atacama in aereo, il paesino da cui partono tutti i tour ed escursioni per l’omonimo deserto e per gli altopiani della Bolivia.

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Arriviamo al piccolo ma modernissimo aeroporto di Calama che sembra un miraggio in mezzo al deserto. Già vedendo le persone che scendono si capisce che ci si trova in un posto da avventurieri. Scarpe da trekking, grandi zaini, abbigliamento sportivo e tecnico, diverse lingue parlate, diverse nazionalità. Qui si viene da tutto il mondo per esplorare luoghi unici che, dicono, non sono paragonabili a null’altro.

Il Deserto dell’Atacama è uno dei più aridi ed estremi in assoluto. Terra sconfinata, spettacolare, con distese infinite, valli e canyon rocciosi, più simili a Marte che al nostro pianeta. All’orizzonte la catena delle Ande coi coni dei vulcani di oltre 5000 metri. Una meraviglia!

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Il paesino di San Pedro de Atacama è un conglomerato di case bassissime in mezzo al deserto, con strade sterrate lungo le quali si alternano agenzie di viaggi, ristoranti, negozi di sport e ostelli, oltre agli hotel costruiti con tecniche e materiali tradizionali e che sembrano mimetizzarsi nel rossore delle rocce. La strada principale è Caracoles, il centro vitale di San Pedro.

È una grande zozzeria, piena di polvere, ma in pochissimo tempo ci si abitua e alla fine comincia anche a piacerci.

Animatissima sia di giorno che di sera, qui si respira un’atmosfera molto particolare, sono tutti vestiti da sport estremi, davanti ai locali ci sono decine di mountain bike, moto da off road, quad. Qua abbiamo trascorso 2 notti all’Hotel Altoplanico e siamo stati benissimo.

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La sensazione è che si appartenga ad unica comunità di viaggiatori, alla scoperta di luoghi unici e inaccessibili.

Situata a 2600 metri s.l.m., San Pedro è l’ultimo baluardo per acclimatarsi e poi proseguire verso le Ande. Nonostante non ci si renda conto di essere in alto perché si trova su un’immenso altopiano, i primi sintomi dell’altitudine vengono percepiti subito. Fiato corto, un leggero mal di testa, un po’ di spossatezza, tutto ciò anche se siamo allenatissimi.

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I rimedi sono: niente alcool, bere molta acqua, non fare sforzi particolari e… la coca, che qui si trova anche a colazione negli hotel, accanto allo zucchero e al caffè.

Perché la coca, che non è ovviamente quella tagliata in polvere ma si trova sotto forma di piccole foglioline verdi, non solo è legale in tutti i paesi andini, ma è considerata una comunissima tisana o erba da masticare. Infatti le sue proprietà energetiche e riequilibranti si assorbono molto più lentamente dell’omonima droga ed, inoltre, non arrivano al cervello perciò non hanno alcun effetto psicotico.

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Le altre avvertenze per combattere l’altitudine sono legate al sole e al vestiario. È indispensabile l’uso di creme solari ad altissima protezione perché il sole brucia letteralmente la pelle e vestirsi a strati perché anche d’inverno durante il giorno le temperature arrivano facilmente a 30 gradi mentre di notte scendono sotto lo zero.

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Siamo arrivati a San Pedro al mattino e nel primo pomeriggio siamo partiti per un tour alla Valle de la Luna, chiamata così perché considerata il luogo al mondo che più assomigli alla superficie della Luna per conformazione e caratteristiche geologiche, e anche per il fatto che qui può non piovere per diversi anni di seguito.

Da San Pedro partono ogni giorno innumerevoli escursioni, dipende qual è la destinazione.

La Valle della Luna, è un Parco protetto, si paga il biglietto e non si può entrare se non si è accompagnati da guide autorizzate.

È l’escursione più gettonata di San Pedro, comincia di pomeriggio e si finisce al tramonto ad osservare, dal Mirador Coyote, il sole che tinge di rosso l’incredibile paesaggio.

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Prima, però, in circa tre ore e mezzo di tour, si toccano luoghi straordinari nascosti tra i canyon, falesie, alture da cui si apre un panorama straordinario sul deserto e sulle sagome dei vulcani della cordigliera.

Un’altra sosta d’obbligo nel tour sono le Tre Marie, una piccola conformazione erosiva al lato della strada.

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Per i più esperti ci sono anche le escursioni sui vulcani dove, però, si arriva ad oltre 5000 metri, l’aria è rarefatta ed è faticoso muoversi.

Le agenzie di San Pedro propongono anche emozioni notturne, tra cui osservare le stelle. Sono rarissimi i luoghi sul pianeta dove, tra la notevole altezza del deserto e la quasi totale assenza di umidità, il cielo di notte è così limpido. A occhio nudo si vede la via lattea che solca il nero profondo in uno spettacolo indimenticabile.

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Infatti tra le attrazioni per pochi fortunati – visto che ci si deve prenotare con mesi di anticipo sul sito e che è aperto solo di sabato e domenica -, a 50 chilometri da San Pedro ai trova ALMA, Atacama Large Millimeter Array, il più grande osservatorio astronomico al mondo. Costato oltre 1 miliardo, creato da Europa, Nord America, Asia orientale e Repubblica del Cile, ALMA ha installato 66 giganteschi radiotelescopi a 5000 metri di altezza sopra San Pedro che cercano le origini dell’universo, il Big Bang. Si può visitare solo il centro operativo a bassa quota, per così dire, e non i telescopi.

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Il secondo giorno, invece, abbiamo deciso di fare un’esperienza fuori dai circuiti tradizionali. Le numerose agenzie di San Pedro infatti offrono di tutto, ma se si cerca qualcosa di particolare e indimenticabile la scelta si restringe.

Così, abbiamo conosciuto gli amici di On Safari Atacama con cui abbiamo fatto 3 ore di Quad Safari nel deserto, che è stata una delle esperienze più emozionanti in mezzo al Salar de Atacama.

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Si guida sugli sterrati, costeggiando la strepitosa catena montuosa delle Ande, fermandosi ogni tanto per qualche foto e ammirare il paesaggio. Polvere che entra dappertutto, il sole che brucia la pelle, il vento che soffia, e l’esperienza è servita, straordinaria e particolare. Da provare, anche con il buggy.

Per mancanza di tempo non siamo potuti andare, sempre con loro, a fare una delle escursioni speciali dove si raggiunge la cordigliera in moto fino al paesino di Rio Grande per dormire nelle case della popolazione locale che vive ancora in modo primitivo. Una full immersion della cultura del posto che ci riserviamo di provare in futuro.

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Per mangiare vi consigliamo l’ottima carne della Casona e una specialità cilena che ci è piaciuta tantissimo: il Pil Pil, piatto caldo tradizionale servito a scelta con manzo, pollo o gamberi, in uno dei ristorantini con focolari accesi sparsi per San Pedro.

Bolivia

La mattina del terzo giorno siamo partiti per una delle avventure più estreme di questo viaggio: avevamo prenotato già dall’Italia un tour di 3 giorni (2 notti) per attraversare l’Atiplano boliviano fino al Salar de Uyuni con la società Denomades.

Ci sono diverse soluzioni, la maggior parte dei tour prevede 2 o 3 notti e sostanzialmente si dividono di livello Standard e Superior. Noi abbiamo scelto il secondo, anche se costa il triplo dell’altro, ma i vantaggi sono notevoli.

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Innanzitutto perché i pernottamenti sono in hotel con riscaldamento e acqua calda, a differenza dei tour standard dove si dorme in ostelli (senza acqua calda ne riscaldamento). I 4×4 sono dotati di bombole di ossigeno e non ci sono altri passeggeri, mentre nei tour normali si è in 6 per ciascun fuoristrada. I pasti sono tutti compresi, le cene in hotel mentre i pranzi cucinati direttamente dall’autista e allestiti in locali abbastanza discutibili lungo la strada, perciò non certo gourmet.

Tour San Pedro de Atacama – Uyuni

Intorno alle 8 del mattino ci sono venuti a prendere direttamente in albergo e con un mini van in 40 minuti da San Pedro abbiamo raggiunto la frontiera cilena, un capannone con vista vulcano a 4.500 metri di altezza dove abbiamo espletato le formalità doganali.

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Qualche chilometro oltre si trova anche la dogana boliviana, una baracchetta tappezzata di foto del presidente Morales.

Subito dopo gli ultimi adempimenti ci siamo incontrati col nostro autista che ci aspettava in terra Boliviana e così è cominciato il nostro tour nella Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa, per poi raggiungere il Salar di Uyuni, uno dei luoghi più remoti ed inaccessibili del pianeta.

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Si viaggia off road, ad un’altitudine compresa tra i 4000 e i 5000 metri, a volte anche di più. La temperatura, a luglio, è di 2 gradi alle nove del mattino e può rasentare i 30 all’ora di pranzo, con il sole che cuoce letteralmente la pelle.

Non ci sono strade asfaltate, soltanto sterrati, la superficie passa dalla sabbia alla lava e, quando il deserto diventa duro e liscio si va nella direzione desiderata tagliando direttamente. Il cellulare non prende, tranne i satellitari, e ovviamente niente internet.

Per tutto il viaggio è indispensabile portarsi crema solare ad altissima protezione, acqua e… carta igienica.

Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa

La nostra prima sosta è la Laguna Blanca, poco dopo la frontiera. D’inverno spesso una parte della superficie è ghiacciata e ci si può camminare sopra.

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A breve distanza di trova anche la Laguna Verde, chiamata così per via dell’arsenico ad alta tossicità che filtra dal piccolo vulcano che la sovrasta.

Qua abbiamo avuto uno degli incontri più emozionanti di questo fantastico viaggio: un faccia a faccia con la volpe andina.

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Proseguendo, la strada continua a salire e il paesaggistico si fa lavico e ancora più estremo, per poi scorgere sulla destra le bizzarre forme rocciose del Deserto di Salvador Dalì, chiamato così per la somiglianza con i paesaggi che il celebre pittore dipingeva.

Raggiunti i 4300 metri si arriva ad Aguas Calientes, una sorgente termale a 35 gradi in mezzo al deserto, con un punto di ristoro e la possibilità di fare il bagno nelle vasche, godendosi un paesaggio incredibile delle Ande. Miky non se l’è fatto ripetere due volte!

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Qui di solito molti viaggiatori iniziano ad accusare i primi sintomi del mal d’altura, tra difficoltà respiratorie, nausea e vomito, forti mal di testa, fatica nel muoversi. Più si è giovani e più lo si accusa, ecco perché non è raccomandabile portare bambini a queste altezze. E ovviamente neanche gli anziani.

Da lì si risale ancora, fino ai 5000 metri per vedere il geyser di Sol de Manana. Tutta l’area circostante è disseminata di pozze di acqua sulfurea che bolle sotto i piedi.

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A questo punto l’Off Road si fa ancora più duro, anche se le strade, pur sterrate non sono così male e i fuoristrada sono davvero confortevoli. Attraversiamo un’ampia vallata e raggiungiamo la Laguna Colorada, il luogo più incredibile del primo giorno di tour.

La laguna è immensa e tinta di rosso scuro, per via della particolare alga che colora quasi tutta la superficie.

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Migliaia di fenicotteri rosa camminano nell’acqua in cerca di cibo, mentre a riva pascolano dei lama apparentemente pacifici ed amichevoli, con la tipica “aria di sufficienza” e un po’ annoiati.

Uno spettacolo della natura straordinario, abbinato agli spazi e ai panorami immensi e praticamente privi di qualsiasi forma di vita.

L’ultima tappa prima di raggiugnere l’hotel, dopo quasi 12 ore di off-road, è l’Arbol de Piedra, una serie di enormi rocce dalle forme strane scolpite dal vento e dall’erosione, tra cui una che somiglia davvero ad un albero.

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Subito dopo abbiamo percorso il deserto di Siroli per raggiungere l’hotel. Il deserto è una piatta distesa scura dove il 4×4 procede lentissimo perché la superficie dello sterrato è molto dissestata e fastidiosa, avete presente le tracce che lasciano i cingolati? Un vero incubo!

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Il sole è quasi tramontato quando scorgiamo sullo sfondo la sagoma del Tayka El Deserto, l’hotel più in alto al mondo, a 4600 metri d’altitudine! Rimaniamo davvero colpiti quando ci spiegano che alla reception è sempre disponibile la bombola di ossigeno, che l’elettricità c’è ma solo grazie ai pannelli solari e quindi intorno alle 22.00 niente più luce e il riscaldamento c’è ma solo di giorno perché dopo una cert’ora si deve stare solo sotto le coperte. Fuori da quelle: il gelo! Insomma, un posto incredibile.

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La mattina le spesse pareti di pietra sembrano ghiaccio, i cellulari pure, i vestiti sono umidi e freddi. Per riprenderci dalla nottata ci “gustiamo” una tazza di Mate de Coca e 5 minuti di maschera d’ossigeno. Fuori, nel deserto, siamo a -11.

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Subito dopo colazione saliamo sul 4×4 еd iniziamo a scendere, infilandoci nel Paso de Inca, impervio canyon dove si procede a fatica.

Usciti dal passo cominciano una serie di lagune, tra cui Honda, Char Kota, Canapa dove assistiamo a uno spettacolo insolito. Al centro delle lagune scorgiamo i fenicotteri e non ci spieghiamo perché sono tutti immobili. Solo dopo un po’ capiamo che le lagune sono ancora congelate e i fenicotteri potranno muoversi di nuovo solo quando l’acqua si scongelerà!

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Poco dopo si attraversa anche l’area di Balle de Rocas, una gigantesca distesa di rocce rosse dalle forme più svariate. Da quel punto (finalmente) la strada diventa dritta come una corda per 2 ore fino ad arrivare alla periferia di Uyuni.

Salar de Uyuni

Lì, in mezzo al deserto, si trova il più grande cimitero di treni al mondo. Un posto spettrale, abbandonato, con le carcasse di locomotive a vapore e vagoni del XIX secolo battuti dal sole cuocente e dalle tempeste di sabbia.

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La cittadina di Uyuni, invece, avamposto del deserto del sale, è forse il luogo abitato più brutto che abbiamo mai visto. Strade polverose e sporche, casette grigie e mercatini di cianfrusaglie. Vale la pena fermarsi solo se si vuole “assaggiare” l’atmosfera di un autentico paesino boliviano.

Per fortuna il nostro hotel si trova 20km più avanti, con affaccio direttamente sul Salar.

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L’Hotel de Sal Luna Salada è davvero unico. Tutto è realizzato in sale: le pareti, i pavimenti e addirittura gran parte del mobili. Ci sono camini e focolari accesi un po’ dappertutto e una magnifica vista sul deserto. Personale gentilissimo, ottimo ristorante con ricco buffet e ogni confort compreso il Wi-Fi finalmente ben funzionante dopo giorni di isolamento. Raccomandatissimo.

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Il Salar de Uyuni è uno dei più estesi deserti del mondo nonché la più grande distesa di sale al mondo. È situato a 3660 metri di altezza ed è incredibilmente piatto.

L’intera superficie è fatta di sale grosso, bianco candido, e mentre in inverno, quando c’eravamo noi, la superficie è secca, le piogge d’estate (da novembre a febbraio) creano il particolare effetto a specchio che fa scomparire la linea d’orizzonte facendo sì che non si capisce dove finisce il deserto e dove comincia il cielo.

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Trovarsi qui è qualcosa di unico, sia perché è veramente uno dei posti più isolati del pianeta, sia perché non esiste nulla di simile nel resto del mondo. Se a ciò aggiungiamo l’altitudine, gli enormi 4×4 che tagliano la bianchissima superficie in tutte le direzioni, per finire con le foto in prospettiva che i viaggiatori si divertono a scattare, il Salar de Uyuni è un autentico spettacolo.

La prima sosta l’abbiamo fatta al Museo del sale, che in realtà non è un vero museo ma una specie di punto di ristoro con qualche statua di sale all’interno.

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Accanto, anche le bandiere delle varie nazioni, un vero monumento dei globe-trotter di tutto il mondo.

Esplorare il Salar de Uyuni è tanto emozionante quanto bizzarro, dato che si va liberamente ovunque, ma tranne la bellezza del paesaggio circostante, non c’è praticamente nulla. Ma nulla di nulla!

Questa apparente monotonia è interrotta da una dozzina di “isole”, di cui una da non mancare, l’Incahuasi. Una collina che s’innalza in mezzo al deserto piatto, ricoperta da una foresta di enormi cactus millenari cresciuti dalla superficie di roccia vulcanica.

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L’usanza più tipica del Salar de Uyuni è sicuramente dare sfogo alla propria fantasia scattando foto grazie al particolare effetto ottico del deserto che permette di giocare e sbizzarrirsi con le prospettive. A partire dall’uso di dinosauri e pupazzi di tutti i tipi (di cui ogni autista è dotato) per proseguire con foto di gruppo davvero divertenti e insolite. Vedere per credere!

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Il nostro off road da San Pedro de Atacama a Uyuni finisce qui, dopo innumerevoli chilometri percorsi su strade sterrate e spesso in assenza anche di quelle, paesaggi strepitosi e altitudini che mettono a dura prova anche i viaggiatori più esperti.

Il nostro autista ci ha lasciato al piccolissimo aeroporto di Uyuni che viene aperto e si anima appena 1 ora prima dell’imbarco. In questa atmosfera un po’ surreale prendiamo l’aereo che in meno di 1 ora ci porta a La Paz.

La Paz

La Paz, a 3640m, è la capitale più alta al mondo. Considerato poi che El Alto, la “città satellite” di La Paz dove si trova l’aeroporto, sta a 4095 metri, a noi vengono le vertigini solo a pensarci!

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Quest’altezza spiega perché nei negozi del terminal degli arrivi vendono le bombolette d’ossigeno portatili e i taxi ne hanno una nel portabagagli in caso che qualcuno, appena sbarcato, si sentisse male.

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Già scendendo lungo l’unica strada che da El Alto porta in centro, fino a raggiungere il nostro albergo Casa de Piedra in centro, ci si chiede perché abbiano costruito una metropoli, oltretutto gigantesca, in un posto simile. È una vera follia.

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La seconda domanda che sorge spontanea è “come funziona la viabilità?”.

Perché La Paz, oltre che enorme è talmente impervia da affascinare a prima vista. Un paradosso che raramente si incontra altrove. Soprattutto se si arriva di sera, quando la città è completamente illuminata, sembra quasi un enorme presepe. Immensi quartieri dalla vallata si inerpicano sulle montagne circostanti formando un anfiteatro. Sui pendii le strade lasciano il posto alle scale, ma anche in centro è tutto un saliscendi che rende gli spostamenti faticosi soprattutto a causa dell’altitudine.

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Quindi, come ci si muove a La Paz? Dato che siamo nella capitale più alta del mondo, contornata da montagne perennemente innevate, i 2,5 milioni di abitanti si spostano, almeno da qualche anno, grazie alle cabinovie.

Le teleferiche urbane di La Paz, ben 7 linee, tra cui naturalmente la più alta del mondo, fungono da efficientissimo e velocissimo trasporto urbano, al costo di 3 BoB (40 centesimi di euro) a corsa.

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Modernissime, tutte Doppelmayr (il leader mondiale di costruzione di impianti di risalita), sono una specie di orgoglio cittadino e forse nazionale visto che ogni nuova linea viene inaugurata dal presidente in persona.

Oltre ad essere comode, sono anche un modo insolito ma spettacolare per ammirare l’intera città dall’alto, raggiungendo anche i vari mirador (punti panoramici) che si trovano sulle montagne che sovrastano La Paz.

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Quella più interessante, da prendere nel primo pomeriggio, è sicuramente la linea Rossa, che parte dalla Stazione centrale. Sale fino a El Alto, da dove si apre una veduta strepitosa sulla città e sui Monti Illimani, i picchi che dominano l’orizzonte e che sfiorano i 6500 metri.

A El Alto, usciti dalla cabinovia e girando a sinistra, si trova anche un luogo molto particolare e decisamente macabro. Un susseguirsi di piccole casette tutte uguali con focolari accesi davanti alle porte dove gli “spiritisti” dispensano consigli su salute, fortuna e quant’altro. Proprio alle spalle di queste case, si apre un paesaggio suggestivo su tutta La Paz.

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Un altro punto panoramico è raggiungibile con la linea Arancione, che si prende dal centro di mattina e che si collega alla fine con la linea Bianca. Anche quest’ultima vale una corsa, perché attraversa il Barrio Miraflores, passando in mezzo ai grattacieli.

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Le teleferiche sono velocissime e di solito una corsa intera non dura più di 15 minuti. Raccomandatissime.

Oltre ai panorami, a La Paz c’e ben poco da vedere. A Piazza Murillo si trovano la Cattedrale e i palazzi del Governo.

Poco avanti, verso la fermata delle teleferica arancione, c’è Calle Jean, la strada più antica e meglio conservata della vecchia La Paz. Un vicolo ciottolato con alcuni musei d’arte.

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Nella direzione opposta, invece, si trova la piazza più animata della città, Plaza San Francisco, con l’omonima chiesa.

Da lì parte Calle Linares, la parte più caratteristica del centro e anche la più turistica. Negozietti, ristorantini, il famoso Witches’ Market ed infine il Museo della Coca.

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Le attrazioni del centro si girano tutte a piedi, sia per le distanze davvero brevi sia per l’impossibilità di muoversi altrimenti a causa dell’assurdo traffico.

Qualora avessimo avuto un giorno in più, saremmo andati alla famosa Ruta de la muerte, a 60 km da La Paz, un percorso organizzato di mountain bike da fare tutto in discesa su una strada a strapiombo da cui il nome emblematico.

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A La Paz, come durante tutto il nostro viaggio abbiamo mangiato molto bene. Un ristorante dove ci siamo trovati molto bene è The local dish, in pieno centro nella pedonale Calle Traija.

Perù

Il volo da La Paz a Cusco, la nostra prima tappa peruviana, impiega meno di un ora ed infatti si arriva, per via del fuso orario, alla stessa ora della partenza.

Cusco è il punto di partenza per esplorare questa parte del Perù che oltre a Machu Picchu comprende la Valle Sacra e la Rainbow Mountain. Scendendo all’aeroporto già si percepisce il clima diverso rispetto al Cile e alla Bolivia. È inverno, siamo ad oltre 3000 metri ma c’è più umidità e fa quasi caldo.

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Appena atterrati a Cusco, a metà mattina, ci aspettava la macchina che ci avrebbe portato alla Valle Sacra per proseguire in treno verso Machu Picchu.

L’autista ci chiede se abbiamo bisogno di ossigeno e si raccomanda di bere tanto, ma quando gli spieghiamo che veniamo dalla Bolivia (i 3400 di Cusco non ci spaventano dopo aver toccato i 5000!), anche lui si rilassa e ci dice che non avremmo problemi.

La Valle Sacra

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La Valle Sacra, che pensavamo non fosse nulla di speciale, si è rivelata un luogo affascinante, con panorami strepitosi e meravigliosi posti da vedere. L’intero percorso, da Cusco a Ollantaytambo in macchina (90 km) con le soste e il pranzo, ha richiesto circa 6 ore.

La prima fermata è il paesino di Chinchiero, dove si trova un’area archeologica, non molto interessante se non si è appassionati, e vari laboratori di tessitura e lavorazione della lana di Alpaca.

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Questi si che valgono la pena essere visitati, sia per la presenza di Alpaca e Lama, sia per scoprire i segreti della tessitura tradizionale peruviana.

Ripartendo, dopo poco la strada comincia a salire e si raggiunge il belvedere di Macchu Colka, da cui si apre una veduta mozzafiato sulla Valle Sacra e le altissime vette innevate delle Ande.

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La sosta successiva l’abbiamo fatta alle Saline di Maras, una delle più incredibili opere dell’uomo mai viste. L’immenso terrazzamento, che risale agli Inca, copre uno dei versanti della profonda gola di pietra calcarea.

Centinaia di piccole vasche riflettono il cielo, mentre donne e uomini lavorano, oggigiorno in modo ancora del tutto primitivo, all’estrazione del sale. Ogni vasca appartiene ad una famiglia diversa del paesino di Maras.

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Si cammina lungo i cornicioni che delimitano le singole vasche, godendosi questa meraviglia del genio antico in un posto tanto impervio e inaspettato.

La strada prosegue attraversando una campagna bellissima, con grandi spazi e scorci pittoreschi. Tecnicamente siamo sopra la Valle Sacra ma nel territorio periferico che ne fa parte.

La terza sosta è il misterioso sito archeologico di Moray, patrimonio nazionale peruviano le cui origini sono ancora ignote.

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Le tre distinte aree di cerchi terrazzati in perfetta geometria ed altri terrazzamenti accessori sono stati scoperti per caso nel 1931 da due piloti della marina miliare americana che sorvolavano e fotografavano la zona dall’alto, ma nessuno ad oggi ha trovato una spiegazione certa della loro funzione.

Da lì si comincia a scendere nella vera Valle Sacra, ossia in fondo alla strettissima insenatura tra le alte e brulle pareti della montagna.

Oltrepassiamo il famoso hotel delle capsule trasparenti sospeso sulla roccia e dopo poco arriviamo ad Ollantaytambo.

Ollantaytambo e il Treno per Machu Picchu

Ollantaytambo è la capitale della Valle Sacra, un paesino con un centro storico animato di turisti, alcune stradine ciottolate con edifici antichi e un sito archeologico. Ma sopratutto è l’ultima stazione da cui prendere il treno per Machu Picchu.

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La fila per entrare alla stazione, in mezzo a ristorantini e bancarelle, può spaventare ma scorre velocemente appena si aprono i cancelli per il treno in partenza, di solito 30 minuti prima. Tutto è molto organizzato e i treni sono puntualissimi, più da ferrovie giapponesi che peruviane, anche se, dato il costo dei biglietti, non potrebbe essere altrimenti.

Il treno che, come già detto, è il modo migliore (e praticamente unico) per arrivare direttamente ad Aguas Calientes (detto anche Macchu Picchu Pueblo perché è il paesino più vicino al sito archeologico) deve essere prenotato con largo anticipo per non rischiare di non trovare posto. Si prenota on line ed è ammesso portare a bordo solo bagaglio a mano.

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I treni sono di due società diverse, Perù Rail e Inca Rail. Noi abbiamo preso il Perù Rail e ci sono diverse categorie, l’Expedition – classe economica -, il Vista Dome – prima classe panoramico – ed infine l’extra lusso Hiram Bingham – Belmond.

Cosi, dopo 1 ora e 45 minuti arriviamo ad Aguas Calientes, conosciuto anche come Machu Picchu Pueblo, stanchi per la giornata super intensa ma felici.

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Se si arriva tardi, come noi, bisogna sapere che la biglietteria per i pulmini che accompagnano i visitatori fino all’ingresso di Machu Picchu chiude alle 21 e riapre alle 8 del mattino. Considerato che i primi partono alle 05.00 quando la biglietteria è ancora chiusa si rischia di dover aspettare la riapertura. Nel frattempo la fila cresce e appena arrivano i primi treni da Cusco alle 6.30 la situazione peggiora. Noi per evitare di rimanere senza biglietti abbiamo chiesto all’Hotel Tierra Viva, dove abbiamo alloggiato, di comprarli al posto nostro e grazie alla scansione del passaporto sono riusciti ad accontentarci. Ecco un altro motivo per cui è meglio trascorrere una notte ad Aguas Calientes.

Machu Picchu

Annoverato tra le 7 nuove meraviglie del mondo Machu Picchu ha un numero di visitatori giornalieri limitato a 3000, ragione per cui occorre acquistare i biglietti con largo anticipo. Noi lo abbiamo fatto da soli, sul sito ufficiale.

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I biglietti prevedono 2 turni d’ingresso, dalle 06.00 alle 12.00 e dalle 12.00 alle 18.00. Il primo è quello che permette di evitare la folla (per modo di dire) se ci si sveglia come noi alle 05.30. Per fortuna gli hotel ad Aguas Calientes servono la colazione dalle 4 del mattino proprio per permettere ai visitatori di uscire prestissimo.

Insomma, raggiungere Machu Picchu è un percorso talmente difficile da sembrare quasi una prova anche per il viaggiatore più esperto.

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Per spezzare una lancia a favore dei peruviani, ogni cosa è però organizzata alla perfezione. Quando, all’alba, si vede la fila chilometrica ci si spaventa, ma poi si scopre che una quantità infinita di pulmini, letteralmente uno dietro l’altro, comincia a caricare i visitatori con un meccanismo perfettamente rodato. Non fate l’errore di cedere alla tentazione di raggiungere l’entrata di Machu Picchu a piedi. È da pazzi, o da montanari incalliti. I pulmini ci impiegano circa 25 minuti, sono molto comodi e visto che anche dentro al sito si cammina molto vi conviene risparmiare le energie.

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Arrivati davanti all’ingresso di Machu Picchu l’emozione è tanta. I pendii verticali delle montagne circostanti, il fiume in fondo alla stretta gola e appena si alza lo sguardo la si scorge la caratteristica sagoma del Huayna Picchu che domina le rovine, tanto famose da essersi guadagnate un posto tra le 7 nuove meraviglie del mondo.

Questo incredibile luogo, praticamente inaccessibile in passato, costruito ad un’altezza di 2500 metri e abitato dagli Inca è anch’esso finora avvolto nel mistero. Sono stati individuati templi, torri, piazze, luoghi sacri, il palazzo reale e circa 200 abitazioni. Si presume che Machu Picchu sia stato abitato dalla sua costruzione nel 1400 fino alla conquista spagnola del 1532. In realtà si sa tutt’oggi davvero poco, e forse anche tale fatto crea tanto interesse.

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All’interno del sito non ci sono bagni ed è vietato portare cibo e bevande. All’ingresso c’è un ristorante, bar e le toilette e si può fare avanti e dietro, rifacendo in ogni caso la fila, nel limite delle 4 ore dal primo ingresso. Dopo non si può più entrare, ricordatelo!

Salire su Machu Picchu è stata un’esperienza indimenticabile, nonostante l’immensa quantità di gente che, data la geografia del luogo, sembra a momenti una vera invasione. Rispetto ai luoghi che avevamo visto fino a quel momento, dove la natura era la padrona incontrastata, luoghi lontani dal mondo come Atacama, la Riserva Avorea e Uyuni, magici e solitari, Machu Picchu risulta davvero un po’ troppo turistico e complicato. Ciononostante ne è valsa la pena.

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Nel primo pomeriggio, dopo l’ennesima fila per i pulmini, riscendiamo ad Aguas Calientes, cittadina decisamente antiestetica, con la ferrovia che taglia la strada principale in due, ma alla fine abbastanza piacevole. Anch’essa ultra turistica, piena di ristoranti e hotel.

Dopo essere andati a recuperare i bagagli in albergo, attendiamo il nostro treno Vista Dome facendo un giro per il mercato a ridosso della stazione.

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Il treno è bellissimo. Ci sono tovagliette ricamate, posate e servono una merenda, oltre a uno spettacolo folcloristico e a una piccola sfilata di moda peruviana per pubblicizzare prodotti in Alpaca e Vigogna.

Dopo 3 ore e mezzo arriviamo a Poroy, la stazione distaccata di Cusco e da lì in taxi in una mezz’ora siamo in centro.

Cusco

Cusco, antica capitale dell’impero Inca, è una delle città più importanti città del Perù in quanto punto di partenza per la visita di gran parte delle meraviglie del paese.

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Situata a 3400 metri di altitudine, con mezzo milione di abitanti, è un centro abitate grande e a primo colpo d’occhio brutto. Atterrando o arrivando in auto, si vedono costruzioni di mattoni, colline brulle e nulla di più, ma appena si raggiunge il centro la sensazione cambia drasticamente. Un centro storico molto caratteristico e perfettamente conservato, turistico ma piacevolissimo, che si sviluppa intorno, neanche a dirlo, Plaza de Armas.

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Chiese e palazzi risalenti alla dominazione spagnola edificati sopra le rovine di antichi edifici Inca, case con porticati di pietra e terrazzi coperti, i vicoli ciottolati come quelli di San Blas, hanno permesso a Cusco di essere dichiarata Patrimonio dell’Umanità.

Plaza de Armas concentra tutta la bellezza storica della città in un solo luogo, con la Cattedrale e la Iglesia de la Compagnia, edificata dai gesuiti, e le caratteristiche case con balconi riccamente ornati.

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Il Barrio di San Blas è la zona più antica, dove abbiamo alloggiato (Hotel Quinta San Blas). Quasi tutte le sue case sono edificate su mura e fondamenta risalenti agli Inca. È la parte più caratteristica del centro, piena di negozietti, gallerie d’arte, piccoli alberghi e locali.

Alle porte del centro storico, tra questo e la parte nuova, si trova in alto anche il bellissimo Convento di Santo Domingo, eretto su quello che rimaneva del tempio del Dio Sole.

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Il centro storico di Cusco mostra il suo fascino soprattutto la sera, animatissimo, pieno di locali, molto ben illuminato e sicuro. È piacevolissimo camminare sulle strade affacciandosi nei negozi o magari cenare con vista su Plaza de Armas. Consigliatissimo il ristorante Cevice Seafood Kitchen, direttamente sulla piazza, dove abbiamo degustato pietanze e addirittura un ottimo vino peruviano.

Vinicunca – Rainbow Mountain

L’ultima tappa della nostra esplorazione delle Ande era anche quella che, per difficoltà, ci spaventava di più: la Rainbow Mountain.

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Una montagna colorata in tutte le tonalità che vanno dal rosso al giallo, grazie alla particolare stratificazione e conformazione della roccia. Uno spettacolo incredibile che si trova, però, a 5000 metri di altezza ed accessibile solo grazie ad un faticoso trekking. Abbiamo visto gente sentirsi male, dare di stomaco o quasi non riuscire a camminare in preda al mal d’altura. Per altri, invece, non presentava alcun problema.
A queste altitudini è così, non si sa mai se il malessere si presenterà o no, non si sa quando e in che modo.

La Rainbow Mountain è stata scoperta appena 4 anni fa e fino al 2017 esisteva una sola via per arrivare che prevedeva partenza alle 4.00 del mattino, 3 ore di auto o pullman, 3 ore di trekking per raggiungere i 5000 metri della montagna, ed altrettanto per scendere.

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Noi, abbastanza casualmente, nel desiderio di avere un tour privato vista la difficoltà e le ore necessarie, abbiamo scoperto che da circa 1 anno esiste anche un altra via, molto più breve sia come ore di auto che come trekking. Si parte alle 6.00 e si cammina per circa 1 ora su un leggero pendio.

La strada nuova è quella che dal paesino di Cusipata gira verso una delle più belle valli mai viste (e che pare non abbia un nome o nessuno lo sa) su una strada sterrata accessibile solo a veicoli di dimensioni ridotte. Ecco perché non è praticata dai tour di massa.

La strada, panoramicissima, si arrampica tra paesini di alpachenios, i contadini locali che parlano la lingua Quechua. Questa popolazione non ha auto o altri mezzi di trasporto tranne i cavalli, le donne portano caratteristici grandi cappelli colorati e vivono di allevamento di lama ed alpaca.

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È incredibile ammirare la vallata, dominata dalle altissime cime innevate, dove centinaia di lama pascolano in libertà, si abbeverano dai fiumiciattoli che zigzagano tra la vegetazione di muschio verde chiaro, mentre qua e là si intravedono i villaggi di poche case di pietra.

Il punto di arrivo in auto è a circa 4500 metri, poi si deve proseguire a piedi. Da qui serve 1 ora, contro le 3 dall’altra parte. Una passeggiata? Non proprio. Pur se con pendenza ridotta, bisogna fare i conti con l’altitudine. Pasticche e coca aiutano, ma per chi non è abituato è davvero dura.

Fortunatamente sia alla partenza che lungo il percorso ci sono dei contadini con dei robusti cavalli abituati a questi luoghi che, a pagamento, trasportano i visitatori affaticati fino a poco sotto la cima. Da lì comunque bisogna camminare, anche se solo per una quindicina di minuti.

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Trovarsi lassù ha qualcosa di incredibile. La bellezza di Vinicunca rapisce lo sguardo e dopo la fatica la conquista sembra ancora più bella.

Le persone sono sempre tante, sin dall’alba, ed affollano chiassosamente la cima. È quasi inspiegabile una simile folla in un luogo come questo. Ma ciò non distoglie dalla sua unicità. Da lassù si ammira la Rainbow Mountain, i picchi che arrivano a 6400 metri alle spalle, mentre dietro Vinicunca si trova anche la Valle Roja, un altro monte, di color rosso e verde, raggiungibile con un sentiero abbastanza facile e dove ci sono meno turisti. Probabilmente perché dopo il primo sforzo, molti si arrendono all’idea di farne uno ulteriore.

Per non sbagliarsi sui tour, esiste anche una terza via, sempre “facile” che però non arriva a Vinicunca bensì a Palcoyo, una montagna diversa e sicuramente meno bella. Fate attenzione quando vi propongono i tour!

Il ritorno dalla cima è molto meglio e, una volta in auto, si scende ad altitudini “normali” per poi pranzare in uno dei caratteristici ristorantini della valle dove si può assaggiare la cucina locale davvero buona.

Lima

Il giorno dopo ci attendeva un volo mattutino per la capitale del Perù, Lima, di cui avevamo sempre sentito parlare malissimo. Ci era stato detto che era povera, brutta, sporca … tutto il peggio concentrato in una metropoli.

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Affacciata sull’Oceano pacifico, ha il clima tipico dei luoghi che risentono della forza della natura. Nei mesi invernali (da maggio a settembre) la costa è avvolta quasi sempre nella nebbia, l’umidità è molto alta e il mare spesso burrascoso. Non è la città più bella che abbiamo mai visto ma sinceramente neanche così terribile come ci era stato detto.

Girando per i quartieri più chic come San Isidro o Miraflores abbiamo notato una forte somiglianza con i sobborghi di città nordamericane come Los Angeles o Miami.

Il centro storico di Lima, il cui cuore tanto per cambiare è Plaza de Armas, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanita dall’Unesco. Qui si trova la sede del governo, la Cattedrale e i più importanti edifici storici della città, con i caratteristici porticati e i balconi chiusi e ampiamente decorati.

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Sulle strade intorno alla piazza, fino ad arrivare a Plaza San Martin, si incontrano altri palazzi e chiese di rilevanza storica, risalenti all’epoca coloniale. Non c’è molto di più. Pulito anche se decadente, carino, alcuni ristoranti piacevoli e basta.

Per trovare una zona bella bisogna spostarsi verso l’oceano, che grazie al traffico davvero incredibile richiede in taxi non meno di 45 minuti tra clacson e smog. Ma ne vale la pena.

I due quartieri più belli di Lima sono appunto San Isidro e Miraflores. San Isidro è la zona che circonda l’area verde del Golf club, quartiere di ambasciate e ville, con molta sorveglianza e tranquillità. Qui si trovano vari hotel, tra cui il migliore della città, il Country Club Lima, cinque stelle Leading Hotel of the World.

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L’altra zona, quella più animata e caratteristica per via dell’affaccio sull’oceano, è l’adiacente quartiere di Miraflores. Una sfilza di bellissimi condomini di vetro e acciaio sovrastano aree verdi ben tenute, piccoli giardini panoramici, una lunga ciclabile ed una manciata di ristoranti chic e circoli sportivi a picco sulle rocce scure che scendono fino al Pacifico.

Il cuore di Miraflores è il centro commerciale Larcomar, il trionfo del luxury lifestyle di Lima. Boutique di lusso, ristoranti e bar, questa piccola mall si trova come sospesa sulla costa, contornata dalla bellissima passeggiata vista mare che verso San Isidro tocca il Parque Antonio Raimondo, la terrazza da dove partono i parapendio, una delle attrazioni cittadine, il suggestivo Faro de la Marina, il Parque Maria Reiche e così via.

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Tutta la città si trova qualche decina di metri sopra il livello del mare e la costa è caratterizzata da una ripida scogliera sotto la quale c’è il Malecon Costa Verde, il lungomare e la spiaggia che che sono oggetto in questo momento (estate 2018) di un notevole lavoro di ristrutturazione per valorizzare questa parte della città amata soprattutto dai surfisti che qua giungono copiosi e che hanno addirittura un loro monumento!

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A una quindicina di minuti in taxi proseguendo verso sud si arriva a Chorrillos, una cittadina che è il proseguimento di Lima dove si trova El Salto del Fraile, un luogo che domina le due spiagge considerate le più romantiche della città. Un paesaggio particolare, dove il pendio scuro e brullo scende verso il mare e le onde sbattono con forza su dei grandi scogli, il tutto sovrastato dall’omonimo ristorante costruito su un piccolo promontorio con alla fine un arco naturale. Sembra di stare in un posto isolato e invece siamo alle porte di una immensa metropoli.

*          *          *

Con Lima il nostro tour delle Ande è finito. Dopo esserci rilassati per 24’ore abbiamo ripreso il volo intercontinentale per tornare in Italia, con tanti ricordi e storie da raccontare.

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Perché questo viaggio, tra Cile, Bolivia e Perù, è stato sicuramente quello fisicamente più faticoso tra tutti quelli (tanti) che abbiamo fatto, ma la soddisfazione e le emozioni che ci ha regalato le porteremo sempre con noi. È vero, l’altitudine elevata è un problema non da poco, ma se questo è il prezzo da pagare per vedere il Deserto di Atacama, le lagune boliviane, la distesa del Salar di Uyuni, città come Santiago, La Paz, Cusco e Lima, per ammirare le rovine di Machu Picchu o arrampicarsi fino a 5000 metri e ammirare la Montaña Colorada, allora possiamo dirlo… ne vale la pena!

Buen Viaje!

Tour delle Ande - Cile Perù Bolivia