D a qualche decennio a questa parte il viaggio in Marocco si è consolidato come uno dei must per i viaggiatori europei, grazie alla vicinanza al Vecchio Continente (meno di 3 ore di volo da Roma), ai prezzi contenuti anche quando si tratta di lusso e soprattutto al fascino della sua cultura e delle sue tradizioni. Per non parlare di Marrakech, primaria attrazione turistica di questo paese, diventata ritrovo “esotico” del jet set internazionale, tra suntuosi alberghi a 5 stelle e campi da golf. Il tutto guarnito con odori, sapori e colori da atmosfere forti e piene di contrasti, tipici del Maghreb.
Abbiamo deciso di passare qualche giorno in Marocco a metà marzo che è davvero il periodo ideale, considerato che di giorno la temperatura non supera i 28 gradi e di notte la forte escursione termica rinfresca le serate senza, però, mai scendere troppo. Il giro che abbiamo programmato è molto vario e comprende sia le città imperiali che il deserto: atterraggio a Casablanca, noleggio di un fuoristrada direttamente all’aeroporto per trascorrere due notti a Marrakech, una a Ait Ben Haddou, una nel deserto di Erg Chebbi e due a Fes prima di riconsegnare l’auto di nuovo a Casablanca e tornare in Italia. Nemmeno per noi è stato facile pianificare al meglio un viaggio di pochi giorni (appena 7) con la varietà delle destinazioni da visitare, ma alla fine siamo riusciti a trovare l’itinerario ottimale, alternando giornate on the road con altre di stazionamento e visitando i luoghi più affascinanti del Marocco.
Un’altra difficoltà veniva dal fatto che le due giornate che richiedevano grandi percorrenze, non si potevano “spezzare” nemmeno volendo, visto che non c’erano posti intermedi in cui valeva la pena fermarsi. La magnificenza dei paesaggi e dei luoghi che abbiamo attraversato ci ha comunque appagato appieno rendendo il tragitto meno stancante del previsto. Così, atterrati all’aeroporto di Casablanca abbiamo ritirato il fuoristrada noleggiato on line, un Mitsubishi Pajero Sport, e ci siamo imbattuti sin da subito con il modo di fare marocchino. Il baffuto addetto della compagnia di noleggio, tra una grattatina sotto la cintura e l’altra, ci ha consegnato la macchina non lavata e con metà serbatoio di benzina. Quando glielo abbiamo fatto notare ha replicato un po’ irritato di non preoccuparci e che sarebbe bastato riconsegnarla nello stesso modo. Pochi istanti prima di partire ci siamo fortunatamente accorti che mancava il navigatore (noleggiato insieme alla macchina e assolutamente indispensabile visto il giro che ci accingevamo a fare) e a questo punto abbiamo assistito ad un andirivieni di personaggi: il tizio sul piazzale dei ritiri ha chiamato qualcuno al telefono che dopo poco è apparso col navigatore dicendo però che avremmo dovuto pagarlo. Gli abbiamo spiegato di averlo già fatto e si è calmato solo dopo aver visto la ricevuta. A quel punto ha fatto una nuova telefonata e dopo poco ci ha finalmente raggiunto un nuovo tizio con il nostro navigatore. Ma … ops … aveva dimenticato di prendere il supporto per il parabrezza perciò è dovuto tornare indietro e solo dopo un lunga attesa un ennesimo personaggio ci ha portato il pezzo mancante! Nonostante le incomprensioni e le maniere poco cordiali, alla fine è stato tutto risolto alzando un pò la voce e soprattutto dimostrando di non esser “fessi”. I giorni seguenti ci hanno confermato che in Marocco per ottenere quello che ti spetta bisogna tirare fuori il carattere!
MARRAKECH
Marrakech si raggiunge da Casablanca in circa due ore e mezzo su una buona e poco trafficata autostrada che scorre tra verdi campi coltivati e paesaggi collinari. Dopo aver fatto il pieno (circa 70centesimi di euro al litro) ed esserci imbattuti in un allegro gruppo di persone alla guida di una Rolls Royce cabrio e una Lamborghini, senza accorgercene eravamo già a destinazione. Grazie al navigatore siamo entrati nella città senza troppi problemi e abbiamo raggiunto l’ingresso della Medina per poi chiamare il Riad che avevamo prenotato e fraci venire a prendere. Nelle città marocchine la viabilità è caotica, motorini che stringono, muli che portano merci, pedoni che attraversano come gli pare, ma chi è abituato a guidare a Roma (come noi) non ha troppi problemi!
Per dormire a Marrakech abbiamo quindi optato per un Riad all’interno della Medina, la parte antica e fortificata. Alloggiare in un Riad è un’esperienza autentica e solo così potrete cogliere le tradizioni e il fascino delle città marocchine. Camminando per le strade, costeggiando i muri e le facciate scrostate dei palazzi privi di finestre non si può nemmeno immaginare quello che c’è dall’altra parte. I Riad sono le case dei ricchi, di cui oggi una gran parte trasformata in accoglienti boutique hotel di lusso, che si sviluppano intorno ad uno o più cortili interni arredati in stile tipico e ornati da fontane, piscine e mosaici. Di solito gli ultimi piani ospitano dei terrazzi panoramici dove mangiare o rilassarsi prendendo il sole e spaziando lo sguardo sui tetti della medina e sui minareti fino agli alti picchi del Monte Atlas. Sono delle vere oasi, accoglienti e ospitali. Il nostro si chiamava Ryad Dyor, un luogo di gran fascino e con quel tocco di lusso e raffinata eleganza in stile arabo, tra arredi etnici e impeccabile ospitalità… per veri intenditori. L’unico neo, se si può dire, di questo magico luogo è la location. Si trova infatti in un quartiere della medina, Sidi Ben Slimane, in cui la maggior parte delle strade si trasformano in stretti vicoli accessibili solo da pedoni, muli e al massimo motorini. La sera poteva sembrare persino un po’ pericoloso per un europeo medio, ma anche in questo abbiamo trovato un certo fascino. E comunque, il personale del Riad era sempre disponibile a venirci incontro in caso ci fossimo persi, cosa che però non è mai successa.
A Marrakech, ci sono due opzioni principali su dove alloggiare: la Medina o la Palmeraie, un’area al di fuori della città in cui si trovano i più grandi alberghi e i campi da golf. Secondo noi, però la scelta deve ricadere sulla prima al fine di assaporare la città dalla mattina alla sera in tutte le sue declinazioni. La Medina può essere suddivisa in tre parti. Quella nord che è la meno turistica e senz’altro la più autentica. Un vero labirinto di strade e interi isolati di strettissimi vicoli e piccole botteghe dove la mancanza di auto è bilanciata da motorini e biciclette che sfrecciano su e giù, ragazzi che si spintonano, giocano a pallone e attaccano a parlare con i turisti, forti odori di spezie, negozietti e improvvisati ristorantini con fumanti Tajine e griglie su cui arrostiscono dei polli. La seconda parte è quella centrale, intorno ai Suk, i mercati coperti, che a scapito di quanto visto in molte altre parti del mondo arabo è un posto pulito e piacevole da esplorare, oltre che i venditori sono molto più rispettosi e meno invadenti di quanto ci si aspettava. Qui si trovano il Museo di Marrakech, situato all’interno di un bell’edificio nella tipica architettura locale che ospita anche mostre di arte contemporanea.
Accanto si trova anche la Medersa Ben Youssef, l’antica scuola coranica, forse l’attrazione che più vale la pena essere visitata a Marrakech. Infine, c’è la Medina bassa, quella appena sotto i suk che comprende la famosissima Piazza Jemaa El Fna, la Moschea della Koutobia e da li in giù il Palazzo El Badi, il Palazzo Bahia, le Tombe Saadiane e il quartiere ebraico, il Mellah.
Raggiungibile anche a piedi da Jemaa El Fna si trova anche il lussuoso Hotel La Mamounia – considerato il più bello del Marocco -, con una grande piscina e un altrettanto grande parco, dove abbiamo pranzato e che ci è sembrato l’unica alternativa – soprattutto per la posizione all’interno della Medina – a chi vorrebbe visitare Marrakech senza rinunciare al lusso sfrenato di un grande albergo. Il cuore di Marrakech è Piazza Jemaa El Fna. Nelle numerose guide si legge che è una delle più belle al mondo, con incantatori di serpenti, artisti di strada e quant’altro. A noi questo entusiasmo ci è sembrato un’immensa esagerazione alimentata probabilmente da persone che non hanno mai visitato un posto esotico. Di giorno la piazza, contornata da piccoli edifici di rara bruttezza, è tristemente vuota, salvo alcuni ombrelloni sparsi qua è la dove dubbi soggetti tentano di sembrare folcloristici facendosi fotografare dai turisti solo dietro compenso. Di sera la piazza, invece, si riempie di bancarelle di street food dove turisti e gente locale si mischiano per mangiare cose tipiche maghrebine assumendo l’aspetto di una sagra di paese.
A nostro giudizio il luogo più deludente di questo meraviglioso viaggio. Noi abbiamo preferito cenare, entrambe le sere, nella tranquillità del Riad, godendoci un favoloso tajine – la tipica pietanza berbera di carne in umido – davanti al camino, sorseggiando un sorprendente rosso marocchino della zona di Meknes. Il problema culinario del Marocco è che qui si mangia o il tajine o il cuscus e i sapori, forse anche per l’utilizzo delle solite spezie, alla lunga stancano! La nostra giornata a Marrakech è iniziata e finita con l’esplorazione della Medina. Si gira tutta a piedi e se si è stanchi, ci sono numerosi taxi, ma bisogna sempre concordare il prezzo prima, di solito tra i 2 e i 4 euro (20-40 dirham) a corsa. Evitate, invece, di chiedere informazioni ai locali. Vi manderanno sempre nella direzione che vogliono loro, dove di solito hanno un negozio o qualche bottega e se glielo farete presente faranno finta di cascare dalle nuvole e di non capire, persino se gli parlate in francese. A Marrakech è tutto finalizzato a vendervi qualcosa o spillarvi dei soldi! Ci siamo stati due notti, perciò abbiamo avuto una giornata intera per visitare la città e ci è bastato. Se però potete, due giornate sono l’ideale per non farsi mancare nulla e affrontare la visita con un po’ più di relax.
AIT BEN HADDOU
La mattina del terzo giorno siamo partiti da Marrakech con il navigatore tarato su Ouarzazate, il capoluogo della zona in cui si trova Ait Ben Haddou, la kasbah più famosa del Marocco. La statale porta dritta verso la Catena montuosa dell’Atlante e le sue cime innevate che s’innalzano sull’orizzonte per oltre 4000 metri.
E’ l’inizio della nostra avventura “on the road” marocchina, davvero emozionante! Circa mezz’ora dopo aver lasciato Marrakech la strada comincia a salire addentrandosi nella montagna per raggiungere il Passo Tizi n’Tichka a 2260 metri, dove il paesaggio diventa brullo e sassoso, lunare e panoramicissimo e dietro ogni tornante si apre uno scenario diverso. L’asfalto è ottimo anche se l’altitudine e le curve richiedono attenzione alla guida e soprattutto costringono ad andare piano. Una sosta per il pranzo – il solito taijin e il solito cous cous – poi la strada comincia a scendere e alla fine, dopo quasi cinque ore e circa 30 km prima di Ouarzazate raggiungiamo il bivio per Ait Ben Haddou. Dalla statale si svolta a sinistra e dopo 9 chilometri ci si trova nel piccolo villaggio, composto da poche case e alcuni alberghi affacciati sulla kasbah più famosa al mondo nonché l’attrazione più visitata del Marocco, patrimonio dell’Unesco.
Ma non immaginatevi un luogo da turismo di massa, qui è tutto autentico – o almeno sembra – rurale, primitivo, sa di libri di avventure, di scoperte di civiltà sconosciute, di carovane dirette al deserto. Appena giunti, nel primo pomeriggio, abbiamo lasciato i bagagli nel Riad Caravane. Di proprietà di una signora francese, appena ristrutturato interamente in stile berbero e arredato con grande gusto minimal chic, pulitissimo e con cibo di qualità, è il luogo ideale dove alloggiare. Anche qui vi converrà fare una telefonata per riuscire a trovarlo in quanto l’unica insegna (piccola e discreta) la troverete accanto al portone. Il prezzo – decisamente più alto di tutti gli altri hotel della zona – è più che giustificato, dal te berbero di benvenuto, dall’ottima cena servita con grande esperienza ed anche dalla raffinata colazione. Un altro posto da intenditori in visita in Marocco.
Cercate di arrivare ad Ait Ben Haddou nel primo pomeriggio, perché la kasbah dà il meglio di sé quando il sole inizia a scendere, allungando le ombre delle sue torri di paglia e terra tingendole di rosso intenso. Per raggiungerla è meglio non usare il ponte bensì scendere dalla piazzetta principale (se si può chiamare così l’unico polveroso spiazzo nel centro del piccolo conglomerato). La strada ciottolata dopo pochi metri porta al letto secco del fiume. Il piccolo ruscello che scorre in mezzo si attraversa camminando sui sacchi di sabbia posizionati appositamente. La kasbah è un luogo straordinario per gli appassionati di fotografia di viaggio. Non a caso Ait Ben Haddou è stato il set di quasi tutti i film ambientati nel deserto tra cui Il Gladiatore, Il Tè nel Deserto, Prince of Persia e Laurence d’Arabia. Si entra e si comincia a salire percorrendo le caratteristiche stradine fino in cima alla roccia dove si trova il Granaio fortificato. Da lì si apre un panorama a 360 gradi che spazia dalle cime dell’Atlante al deserto. La sera abbiamo cenato al Caravane e siamo andati al letto presto. La tappa successiva che ci attendeva era il miglior “erg” (deserto di sabbia e dune) del Marocco e uno dei più belli – dicono – del Sahara: Erg Chebbi.
ERG CHEBBI
Il quarto giorno sveglia all’alba – goduta dal terrazzo del Caravane -, colazione e così lasciamo Ait Ben Haddou in direzione Ouarzazate, per poi prendere la Valle del Dades, chiamata anche “la valle delle mille kasbah“, la strada più breve e rapida verso il deserto.
A Ouarzazate si passa accanto agli Studios cinematografici per poi attraversare oasi di palmeti e villaggi sviluppati intorno ad antiche rovine. Dopo circa tre ore si svolta a destra verso sud-est in direzione Erfoud. A questo punto il GPS del nostro navigatore si è perso. È una zona non coperta, ma visto che non ci sono altre strade, non ci si può sbagliare. Un punto rassicurante, invece, è il fatto che i cellulari prendano sempre, persino nel deserto, come anche la presenza del wi-fi in tutte le strutture ricettive.
Ad Erfoud si svolta a destra per giungere a Rissani, la città da dove partono le esplorazioni nel deserto, i rally e ogni altra avventura immaginabile. Incontriamo di continuo grossi fuoristrada sponsorizzati con equipaggiamento tecnico venuti qui da mezzo mondo per solcare le strade del deserto più grande del mondo.
Da Ait Ben Haddou abbiamo impiegato circa 6 ore, ma alla fine siamo arrivati puntualissimi all’appuntamento con l’addetto dell’agenzia britannica Authentic Morocco, proprietaria del campo tendato dove passeremo la notte. Lo seguiamo e raggiungiamo Merzouga, chiamata “la porta del Sahara“.
Dopo poco l’asfalto finisce e ci avventuriamo nel deserto, in direzione delle grandi dune di sabbia… Qua capiamo che il noleggio della jeep è stata la cosa giusta! Nel “campo base” lasciamo il nostro fuoristrada, trasferiamo i bagagli su quello della guida che si occuperà di farceli trovare nelle tende, e pranziamo in attesa che il caldo si attenui. Alle 16 saliamo sui cammelli ci incamminiamo sulla sabbia per raggiungere il punto più alto delle dune da dove si ammira al meglio il tramonto. Il percorso dura circa mezz’ora, i cammelli hanno un’andatura morbida e vellutata e il panorama è strepitoso.
In cima scendiamo e attendiamo che il sole cominci a scendere tingendo le dune di rosso per poi nascondersi lentamente dietro l’orizzonte. Risaliamo sui cammelli e raggiungiamo il Luxury Desert Camp … sei grandi tende berbere, bianche, ognuna con letto matrimoniale, bagno con doccia privato e pavimento rialzato.
Lo spazio comune è coperto da tappeti orientali, ci offrono un immancabile te e un aperitivo e infine la cena intorno al falò, accompagnata da suonatori di tamburi e canti berberi. Finita la cena le poche luci vengono spente e chi vuole si può fermare ad osservare le stelle o, quando la luna è piena come nel nostro caso, per fare un passeggiata sulle dune.
La mattina seguente il personale del campo ci sveglia prestissimo, alle 6:20, per accogliere l’alba: un’altra grande emozione che ci regala il deserto. Sembra di assistere al risveglio del mondo intero. Il vento caldo che accarezza dolcemente la sabbia, poi la luce comincia a farsi più intensa e il sole che sbuca lentamente da dalle dune più alte. Una magia! Tornati al campo ci attende una ricca colazione all’aperto, poi carichiamo i bagagli, salutiamo i berberi e riprendiamo la strada sterrata che ci riporta a Rissani.
FES
Così, una volta ripartiti da Rissani ci siamo diretti a nord e con nostra grande sorpresa ci siamo imbattuti in una delle strade più affascinanti fatte nella nostra vita: quasi 400 chilometri, passando dal deserto, ai canyon, poi costeggiando la straordinaria oasi della Valle del Ziz e da lì, attraversando il Medio Atlante per quasi 3 ore ad alta quota (fra i 1500 e i 2300 metri) tra paesaggi spettacolari incontrando ogni tanto colonne di colorati fuoristrada diretti al deserto o gruppi di motociclisti in sella a potenti enduro.
L’unica raccomandazione durante la guida in Marocco è rispettare i limiti di velocità, altrimenti si rischia di essere fermati ogni dieci chilometri. La polizia marocchina è dotata di radar mobili con puntatore laser e registratore di immagini a colori. Si appostano dietro i cespugli, vi riprendono, poi segnalano il modello dell’auto al successivo posto di blocco… et voilà! Gli agenti sono comunque correttissimi e gentili, emettono sempre una dettagliata ricevuta per l’importo della multa e poi vi fanno andare. Noi ne abbiamo collezionate parecchie, dai 300 dihram (€28 circa) fino ai 700. Insomma, è difficile sfuggirgli salvo che si rispetti il codice della strada, cosa che – pertanto – vi consigliamo vivamente. E un avvertimento: cercate di avere sempre dei contanti con voi, almeno 1000 dihram (100 euro), noi, infatti, non abbiamo sperimentato cosa può succedervi in caso non siate in grado di pagare!
A circa 90 chilometri da Fes la strada inizia finalmente a scendere, il paesaggio arido lascia il posto ai pascoli e dopo poco ci si addentra in una lussureggiante foresta che potrebbe tranquillamente trovarsi nelle Alpi. Fate attenzione, perché se siete fortunati dopo qualche curva vi imbatterete in alcuni gruppi di socievolissime scimmie che attendono sedute sul ciglio della strada che qualche turista si fermi per dargli un po’ di cibo. Arriviamo a Fes nel pomeriggio. La città ci colpisce subito appena entrati: collinare, circondata da maestose fortificazioni e mura medievali, ci sembra molto diversa dalla piatta Marrakech e sicuramente più affascinante. E alla fine vi possiamo dire che non ci siamo sbagliati!
Comunque, raggiungiamo il nostro hotel, Sofitel Palais Jamai, considerato il migliore del Marocco insieme a La Mamounia di Marrakech. La posizione è la migliore che si possa desiderare, con una spettacolare vista sulla Medina – che è accessibile a piedi – e una bellissima piscina dove rilassarsi dopo due giorni di viaggio e quasi i 1000 chilometri percorsi. Le pecche però non mancano: le stanze sono un po’ vecchiotte e il livello della manutenzione non è all’altezza di tanta fama. Un consiglio: accertatevi che la vostra stanza abbia la vista sulla Medina, e in caso contrario chiedete un upgrading anche al costo di pagare un piccolo sovrapprezzo. Ne vale la pena, la veduta è affascinante, sia all’alba che all’ora del tramonto quando le luci della Medina si accendono.
Fes è la città imperiale più antica del Marocco e a differenza di Marrakech – turistica e a nostro giudizio sopravvalutata – ha un sapore autentico, vero, forte e stordente. Fes rappresenta il vero Marocco, il suo folclore, passato e memoria. Nel suo enorme Suk, che occupa la parte centrale della Medina, tra botteghe di artigiani e bancarelle di frutta e verdura, le merci vengono tutt’oggi trasportate con gli asini che faticano a farsi strada negli strettissimi vicoli. Le sue Concerie a cielo aperto sono uniche al mondo, le Scuole Coraniche e le Moschee tra le più antiche del mondo arabo. Anche se siamo sempre stati allergici durante i nostri viaggi ad ogni tipo di ingerenza nel piacere di esplorare un posto da soli, la mattina seguente abbiamo deciso di ingaggiare una guida locale per mezza giornata (che però si è ridotta a 1 ora e ½, in perfetto stile marocchino), trovata dal concierge dell’albergo. Per non rischiare di perdersi nella Medina vista la sola giornata a disposizione, è stata la soluzione migliore.
La prima tappa del giro della città sono state le Concerie Chouwara, le più grandi di Fes, uno spiazzo stretto tra le mura scrostate dei palazzi dove in centinaia di grandi vasche viene colorato e trattato il pellame. Per vederle, la guida vi porterà sui tetti di uno dei negozi circostanti, anche se dopo dovrete declinare gli inviti ad acquistare qualcosa. Entrando vi daranno un rametto di menta per strofinarlo sulle dita e profumare le narici per non sentire il terribile odore nell’aria. Ciononostante, molti non riescono a resistere e scappano. Per chi ce la fa, invece, la vista dai terrazzi vale il sacrificio, considerato che il luogo, per quanto sgradevole, è davvero unico al mondo.
Da li ci si addentra nel labirinto del Suk dove senza la guida vi perdereste in pochi attimi. Passaggi stretti, vicoli ciechi, botteghe che si attraversano per passare dall’altra parte del mercato, tra venditori di qualsiasi cosa. E dopo il Suk ci siamo diretti verso la parte opposta della Medina, entrando dalla porta decorata Bab Boujeloud. Lì si trova il mercato coperto, la Medersa Bou Inania che, dicono, sia la scuola coranica più bella e antica dell’intero Maghreb anche se a noi quella di Marrakech è piaciuta di più.
Tornati in albergo, ci siamo rilassati in piscina e poi cenato al ristorante marocchino dell’albergo, Al Fassia, davvero caratteristico sia per l’arredamento che per i suonatori e la danzatrice del ventre, ma caro e con cucina non eccellente.
SULLA STRADA DEL RITORNO: RABAT E CASABLANCA
Il volo di ritorno era alle 16.00, così la mattina seguente abbiamo imboccato l’autostrada che da Fes passa per la capitale Rabat e da lì a Casablanca, in tutto circa 3 ore. Così, avendo un po’ di tempo, abbiamo deciso di fermarci per una breve visita nella capitale del Marocco, Rabat, considerata un luogo istituzionale e non turistico. E’ una città dai grandi viali, parchi e edilizia moderna, ma anche sede di una kasbah fortificata affacciata sull’Atlantico.
Avevamo impostato il navigatore direttamente su Boulevard du Bouregreg, nel cuore della città, dove si trovano le sue due principali attrazioni: la Torre di Hassan e la Tomba di Mohammed V, da visitare. Risaliti in macchina, dopo appena quaranta minuti di autostrada stavamo già costeggiando Casablanca e così abbiamo deciso di addentrarci, nonostante avessimo letto che questa grande città, la più popolata del Marocco, nonché suo porto principale, è un luogo non molto sicuro a causa di una quantità indescrivibile di bidonville e di poco interesse. Effettivamente il moderno centro e gli edifici costruiti dai francesi non ci sono sembrati granché, ma la nostra mèta era un’altra: la seconda Moschea più grande del pianeta, la Moschea di Hassan II, battuta dalle onde, il cui minareto di oltre 200 metri svetta sul porto ed è considerato il più alto del mondo.
La Moschea, costruita vent’anni fa, è comunque l’unica cosa da vedere a Casablanca e considerato che si tratta di una città di circa 3 milioni di abitanti e il traffico è molto caotico, se disponete di poco tempo vi consigliamo di non rischiare di perdere l’aereo. Altrimenti dalla Moschea, situata in centro, all’aeroporto in condizioni normali ci si impiegano circa 30 minuti. Dopo aver consegnato l’auto all’aeroporto e aver fatto le dovute foto alla carrozzeria per evitare contestazioni di danni inesistenti, ci siamo imbarcati stanchi ma felici e soprattutto soddisfatti di questo emozionante viaggio on the road in Marocco che ha superato le nostre aspettative.
Buon viaggio!